Nella
sua casa paterna di Chiaromonte, si sente
sempre a suo agio Gina Labriola, professoressa, poetessa, scrittrice e pittrice lucana, non perde occasione per tornare nella sua
terra, tra la sua gente, tra i suoi profumi, tra la sua storia. Lei che fin da piccola è
andata via; prima per studiare e poi per seguire il marito e trovare una occupazione, si
sente come se fosse in un "exil immobil" (da uno dei libri che le ha dato una
fama internazionale). Un esilio immobile che l'avvolge nel corpo e nella mente. Dove porta
sempre i suoi ricordi, quelli della propria terra. Non a caso dirà: "bisogna
partire, per ritornare". Gina Labriola affascina sempre l'interlocutore. Per la sua
grazia, per la sua arte che trasudano da ogni gesto da ogni parola. La casa paterna di
Chiaromonte, è un palazzo appartenuto ai monaci del convento del Sagittario. Una delle
costruzioni più antiche della comunità. Ed è stata rimodernata a sua misura, a suo
gusto. In mezzo i servizi e le cucine; nel piano sottostante, il laboratorio di pittura,
dove si trovano tutti i quadri in seta che lasciano stupefatti, perché sono arricchiti
dalle poesie bellissime che vi sono impresse. Nella mansarda poi lo studio dove tutto
quello che si vede e si tocca, ricorda la Persia. Dai piccoli oggetti al grande Khalamkhar
(stoffa dipinta, una sorta di tappeto, un quadro appeso che raffigura una leggenda ed è
utilizzata dai cantastorie persiani). E la poetessa ci tiene a sottolineare che sempre, in
ogni dove ha ritrovato la Lucania. Un tema fisso della sua esistenza. Già in Persia
scriveva: "le vene del Sinni che seccano tra le gole dell'Alborz". Ed in quella
terra lontana d'oriente ha ritrovato il sole, gli alberi, il volto dei contadini lucani.
La sofferenza, la gioia, il dolore. Tutto quanto la potesse ricollegare alla sua terra.
Non a caso si è impegnata allo spasimo per divulgare le poesie di Rocco Scotellaro,
Albino Pierro ed Isabella Morra, anche nei paesi dov'è vissuta. Tanto da poter affermare senza tema di smentite, che se questi
nostri grandi geni sono stati conosciuti, meglio conosciuti e studiati anche in Persia, in
Francia, in Sapgna ed in altri Paesi è stato proprio grazie |
|
all'opera di promozione e
divulgazione di Gina Labriola che i ha tradotti nelle lingue di questi Paesi. Ed è assai
triste se poi si scopre che c'è qualche critico che, non si sa perché, ignora questo
particolare ed anche tutta l'opare dell'artista. Ma come ha iniziato la
professoressa Gina Labriola, ora anche nonna di Manuel, figlio del secondogenito Dario?
"Da una vocazione antica direi, tramandatami dal nonno che pure scriveva sempre, e
poi sono stata invogliata dai miei genitori; ricordo che non avevo ancora sette anni e mio
padre, ispettore delle tasse, mi regalò una macchina da scrivere Remington. Per quei
tempi era un grossissimo regalo. Poi c'è stato il liceo e l'università e l'incontro con
lo studioso Gabriele Pepe che mi spronava ad insistere. Più tardi ho capito che il
giornalismo e la filologia classica, più volte da me traditi, si sono vendicati: il primo
perché mi ha abituata ad una facilità quasi mostruosa che cerco di contenere scrivendo
solo un paio di poesie al giorno e la seconda perché mi ha lasciato attaccati al cervello
il soggetto, il predicato ed il complemento e perfino il ritmo. Lo so che il nuovo parroco
vuole che "del poeta il fin" sia ancora "la meraviglia"; vorrei essere
più ambigua, difficile, liberarmi del contenuto, della forma, del ritmo, segare i miei
versi, renderli astrusi, stridenti e incomprensibili, e invece continuo ad essere
maledettamente facile, perfino gradevole qualche volta". Gran parte della sua
vita si svolge a Parigi, dove frequenta pure i tre circoli di società lucani della
capitale francese e conosce un grande attore nativo di Senise Francesco Tuzio. Tornando
alla sua vita in "esilio" ci sono stati momenti difficili? "Si ci
sono stati momenti molto difficili che però mi hanno dato la forza di andare oltre.
Ricordo che nel 1981 mi avvicinali alla pittura frequentando la scuola di seta su pittura
al Golandan di Pigalle, una passione antica, un sogno che poi mi ha dato tantissime
soddisfazioni." Anche suo fratello Ernesto, un luminare della cardiologia
mondiale che vive ed opera a Bologna presso l'ospedale Santa Orsola, ha un rapporto
viscerale con Chiaromonte e |
|
la lucania tutta, è
un fatto di famiglia? Noi sentiamo nel sangue il richiamo della nostra terra ed
appena possiamo ritorniamo sempre; a volte per alcuni giorni, a volte per mesi
interi". Lei si sente cittadina di questo paese? "La mia patria
è una, anche se divisa in due ed è la Lucania, non a caso "l'exil immobil".
Dovunque abbia infatti vissuto, in Persia, in Spagna, in Francia, ho sempre portato e
anche ritrovato la Lucania. Lucani erano i monti, lucana era l'acqua in abbondanza, ma
anche l'acqua che mancava dai rubinetti, lucani erano i lamenti delle persone, gli asini,
i colori, il senso della religiosità, l'esilio, le superstizioni, il viaggio, persino la
faccia delle persone che incontravo, il loro sguardo, erano lucani e forse anche per
questo mi sono trovata bene in tutti questi luoghi. Chi poteva mai pensare che in Oriente,
un mondo tanto lontano dal nostro, potessi portare e ricevere la lucaneità. Pensi che ho
trovato analogie persino nelle antiche credenze popolari laddove una antichissima storia
orale tramandataci a Chiaromonte dagli avi, l'ho rinvenuta in Persia, naturalmente con
personaggi diversi". Il nostro quotidiano ha avviato una campagna di
sondaggio, per capire se i cittadini preferiscono chiamare la nostra regione Basilicata o
Lucania, qual è la sua opinione? "Nel mondo si è sempre parlato di Lucani,
nome antico e nobile che si riferisce ad abitanti di boschi, di luce, di lupo o
qualsivoglia interpretazione, comunque dai toni alquanto suggestivi che richiama il fasto
dell'antica civiltà romana. Se proprio c'è bisogno, dimentichiamo che il toponimo
Lucania l'ha ripreso Mussolini e pensiamo invece al significato storico, culturale ed
archeologico che il significato porta con sé". Possiamo dunque definirla una
grande ambasciatrice della cultura e della storia della nostra lucania? "Credo
di aver molto contribuito a divulgare ed a far risorgere nel mondo la lucanità, in modo
molto spontaneo, ma impegnando gran parte della mia esistenza e del mio lavoro. Le
definizioni sono sempre frutto di considerazioni che comunque devono venire dagli altri se
apprezzano quanto da me prodotto". |