IL RACCONTO: L'INCENDIO
EVITATO
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Le tecniche usate per
dipingere le stoffe sono varie: dal serti con un filo di gutta (una specie
di gomma liquefatta), che consiste
nell<<incastonare>>,<<accerchiare>> un colore formando un
disegno, alla vaporizzazione con lo stencil, allacquarello (tecnica
molto difficile da usare su seta perché il tessuto è molto più assorbente della carta)
al tachisme che è un gioco di macchie ottenute con vari prodotti, intrecciate con
il testo e interpretate, fino alla tecnica à main levée, a mano libera,
una volta che la seta ha subito il trattamento di antifusione con prodotti speciali.
Si chiede frequentemente se si tratta di batìk, tecnica molto nota, usata in
India per dipingere seta o cotone: consiste nel creare un disegno con la cera, con una
specie di pennello speciale o con un piccolo strumento indiano che si chiama gian-ting,
e immergere poi il tessuto nel colore. La parte coperta con cera viene protetta, e
conserva quindi il colore di base. Successivamente, una volta asciugato il tessuto, si
può fare la stessa cosa, formando altri disegni con la cera, ed immergendo una seconda
volta il tessuto nel bagno di colore. Si può ripetere l'operazione ancora varie volte.
Naturalmente i colori si fondono tra loro ad ogni successiva immersione: per esempio, se,
dopo aver colorato il tessuto di giallo, lo si immerge nella tinta blu, lo si vedrà
diventare verde, mentre le parti protette dalla cera resteranno gialle.
Per i pannelli qui presentati non è stata usata la tecnica del batìk
tradizionale. Qualche volta, un disegno, considerato ben riuscito, è stato coperto da uno
strato di cera o paraffina, allo scopo di proteggerlo impedendo in quel punto la fusione
del colore, ma sempre con la seta tesa sul telaio, che è tenuto orizzontalmente. Questo
accorgimento si chiama falso batìk. Sia per il batik tradizionale che
per il falso batik, quando il lavoro è finito, si deve mettere il tessuto tra
vari fogli di carta, per far assorbire la cera, che viene sciolta premendola con una
piastra riscaldata. In un primo tempo, anni fa, mi servivo di colori naturali che mi
procuravo in Iran, quelli che servivano per le famose tele dipinte di Isfahàn (i
khalàm-khar); oggi essendo ciò quasi impossibile, uso quasi esclusivamente prodotti
francesi, Kniazeff di preferenza.
In Francia, negli anni 70, iniziò la grande moda della <<peinture sur soie>>,
creata soprattutto da Liza Bain, autrice di molti volumi sulla materia, e sviluppata poi
da altre specialiste, come Lydie Ottelard, creatrice e presidente dell'associazione per la
pittura su tessuto. All'inizio si usava anilina, in seguito fu proibita perché tossica.
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Molte ditte francesi sono andate man mano perfezionandosi nella creazione di colori su
seta, non tossici, così come nella ricerca di prodotti sempre più sofisticati per il serti,
cioè per disegnare, scrivere o creare barriere al colore: oltre alla ditta Kniazeff, già
citata, sono molto attive le ditte Sennelier, Dupont, Lefranc et Bourjois, Pébéo, ed
altre ancora.
In Italia sono molto diffusi i colori per tessuto <<deka>>, che
vengono fissati con il ferro da stiro. Sono molto pratici, ma non hanno la trasparenza e
la leggerezza di quelli che richiedono la cottura a vapore. Uso raramente i prodotti
<<deka>>, qualche volta per ritoccare un particolare di pannello già
<<fissato>>.
Una volta finito il lavoro, infatti, la seta dev'essere <<fissata>> al calore
umido, arrotolandola tra strati di carta e facendola <<cuocere>> per circa
un'ora, in modo però che neanche una goccia d'acqua bagni il tessuto, altrimenti si
formerebbero macchie irreparabili. Per i pezzi di piccola dimensione uso qualche volta una
grande pentola a pressione (sistema "faidatè); i pezzi più grandi, però devono
essere necessariamente riportati a Parigi e fatti fissare con strumenti adatti ad una
ditta specializzata (Ponsard, di preferenza).
Una volta fissato il colore, dopo la cottura, i pannelli si possono lavare con acqua e
sapone, e poi stirare, quando sono ancora umidi, eventualmente staccandoli dalle bacchette
che sono tenute insieme solo da qualche goccia di colla (vinavil).
Le sete dipinte sono presentate su bacchette di legno con il sistema dei
kake-mono giapponesi, che permette di arrotolarle, trasportarle, appenderle
facilmente, spostarle e conservarle in poco spazio.
Si possono tendere, sui quattro lati, su un telaio di legno, mettere sotto vetro e
incorniciarle, ma in questo modo perdono il piacere del soffio del vento che le fa muovere
e vibrare. La seta è materia viva, preferisce restare in libertà.
Si consiglia nella maniera più assoluta di incollare i pannelli su tavole di legno:
essendo la seta soggetta a variazioni, a seconda della temperatura, prenderebbe pieghe
indelebili. Si incolla su poliphane (plastica autoadesiva trasparente) solo per
confezionare abat-jour.
Essendo stati creati tra le nebbie del nord, sebbene i colori siano molto resistenti, si
consiglia di non esporre i pannelli al sole diretto troppo violento.
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